
LA GRANDE GUERRA IN VAL RESIA (1915-1918)
La Val Resia si trova nel Friuli nord-orientale (Italia), incorniciata dalle Alpi e dalle Prealpi Giulie, montagne d’incontestato fascino su cui corre il confine italo-sloveno. È una secolare terra di confine: dal 1866 al 1915 qui si snodava la frontiera tra il Regno d’Italia e l’Impero Austro-Ungarico e, prima del 1797, quella fra la Repubblica di Venezia e il Sacro Romano Impero della Nazione Germanica. Sul piano geografico, il solco resiano con la vicina Valle Uccea costituisce la via più breve che collega l’Alto Isonzo (area di Plezzo e di Caporetto, oggi in Slovenia) con il bacino del Fiume Tagliamento, segnalando una direttrice di rilievo strategico.
Sin dal Primo Anteguerra, il Regio Esercito Italiano aveva approntato talune opere difensive permanenti volte a sbarrare un’eventuale penetrazione austro-ungarica lungo la Val Resia. Tuttavia, furono lo scoppio della Grande Guerra fra Italia sabauda e Duplice Monarchia asburgica (maggio 1915) e il conseguente sviluppo della viabilità militare ad attribuire un’evidenza nevralgica dell’area, permettendo il passaggio di soldati e mezzi in notevoli proporzioni. Se ne ebbe drammatica riprova nell’ottobre 1917, quando la Val Resia divenne il campo di una delle maggiori battaglie della Ritirata di Caporetto, in cui operarono unità di tre grandi eserciti europei: italiano, austro-ungarico e germanico.
Invero, il Primo Conflitto Mondiale ha coinvolto Resia con diverse fasi, così riassumibili:
24-25 maggio 1915: Primo Sbalzo Offensivo italiano, con l’occupazione pressoché incruenta delle dorsali di confine e della Stretta di Saga, sull’Isonzo.
25 maggio 1915 – 24 ottobre 1917: la Val Resia e la Valle Uccea si riconoscevano quali aree di retrovia italiana, che (dopo le operazione dell’agosto 1915) distavano mediamente una quindicina di chilometri in linea d’aria dal fronte dell’Alto Isonzo (in Cona di Plezzo) e una dozzina da quello carnico (in Alta Val Raccolana). La gran parte del territorio resiano ricadeva sotto la competenza del XII Corpo d’Armata Zona Carnia, con l’eccezione del lato sud-est della Valle Uccea, gestito dalla 2^ Armata. In due anni e cinque mesi, furono portati a completamento dall’esercito quasi 350 chilometri di strade, mulattiere e sentieri, vennero strutturate due linee difensive arretrate con trinceramenti, caverne e postazioni d’artiglieria e ne fu progettata una terza, mai ultimata. Numerosi reparti soggiornarono a riposo o per vari servizi specialmente in Val Resia, dove si organizzarono teleferiche, infermerie, panifici e altre opere di carattere logistico. La popolazione locale fu protagonista del conflitto, fornendo all’esercito italiano oltre 800 richiamati, ma anche proponendo l’apporto di centinaia tra lavoratori borghesi, portatrici, interpreti e altro personale ausiliario, nonché ospitando entro le proprietà, comunali e private, migliaia di ufficiali e soldati.
25 – 29 ottobre 1917: nel contesto della Battaglia di Caporetto, le unità scelte austro-ungariche della 3. Infanterie Division “Edelweiss” (14° Reggimento Fanteria Hessen e contingenti del 3° Reggimento Kaiserjäger, per circa 6.000 uomini) e, in un secondo momento, gli Jäger della Divisione Cacciatori Tedesca (oltre 10.000 uomini) provenienti dall’Alto Isonzo, attaccarono a fondo le truppe italiane in Valle Uccea, a Resia e presso lo sbocco di Resiutta. I difensori, in maggioranza affluiti a battaglia in corso, appartenevano alla Difesa Val Resia (Gruppo Alpino Alliney – Battaglioni Pinerolo, Monte Canin, Monte Mercantour, 35° Reggimento Fanteria della Brigata Pistoia, due battaglioni Bersaglieri Ciclisti, altri due battaglioni della Pistoia della Parma) e ad altri battaglioni schierati in Valle Uccea (fanterie delle Brigate Lazio e Foggia, alpini dei Battaglioni Ceva e Monviso), per un totale di circa 12.000 uomini. Nell’arco di cinque giorni divamparono sanguinosi combattimenti, in cui il senso tattico e la solidarietà delle retroguardie italiane riuscirono, nonostante il momento di crisi, a rallentare l’avanzata dei valorosi combattenti austro-germanici, impedendo loro di raggiungere Resiutta in tempo per aggirare l’intera 36^Divisione italiana, schierata più a nord. Ciò permise agli italiani di salvare il buon esito della ritirata dell’intero XII Corpo della Carnia (decine di migliaia di uomini) verso il Tagliamento, riuscendo a demolire alcuni ponti stradali e diverse infrastrutture della ferrovia Pontebbana prima che fossero raggiunte dalle forze imperiali. La Battaglia della Val Resia costò oltre un centinaio di caduti alle fila austro-germaniche, circa 150 – 200 a quelle italiane, molteplici centinaia di feriti da ambo le parti e almeno 2.000 prigionieri catturati dagli astro-tedeschi. Il grosso delle regie retroguardie, tuttavia, riuscì a sganciarsi in tempo e a raggiungere il maggior fiume friulano. Più triste sorte colpì i resti delle Truppe del Monte Rombon, che, accerchiati, dovettero deporre le armi nell’alta Val Resia dopo aver sostenuto duri scontri e affrontato lunghe marce nella tormenta di neve, a oltre 2.000 metri di quota. Degli abitanti di Resia, nelle imminenze dei combattimenti, partirono verso l’interno del Regno più di 1.500 profughi civili.
29 ottobre 1917 – 4 novembre 1918: la Val Resia. Analogamente al resto del Friuli, visse l’occupazione militare germanica e austro-ungarica, che perdurò sino all’arrivo delle avanguardie italiane e alla contestuale conclusione del conflitto. Per chi era rimasto nei propri paesi, fu un anno di miseria, fame, requisizioni, lavoro coatto e rigido regime normativo.
Oggi, la Val Resia è uno dei luoghi della memoria europea. Oltre a conservare molte e interessanti vestigia di trincee, fortificazioni, mulattiere, caverne, cimiteri ed epigrafi della Grande Guerra, custodisce una pagina della grande storia, dimenticata per decenni, sebbene sia stata scritta con le fatiche, i dolori, il sangue, la tenacia, l’umanità di migliaia di persone. Da visitare, dunque, con rispetto, emozione e cultura.
Si propongono dodici itinerari alla riscoperta dei luoghi della Grande Guerra in Val Resia. Sono percorsi in gran parte escursionistici, che richiedono calzature e abbigliamento da trekking, diversi gradi di allenamento e tutte le cautele necessarie per percorrere i sentieri montani in sicurezza.